Chiusura delle scuole e coronavirus: devono comunque essere versate le rette scolastiche?

A seguito della sospensione delle attività didattiche presso tutti gli istituti scolastici, di ogni ordine e grado, disposta dal Governo per far fronte all’emergenza COVID 19 con D.P.C.M. dell’8 marzo 2020, protratta e confermata da tutti i provvedimenti d’urgenza successivamente adottati, sono sorti diversi interrogativi in merito al pagamento delle rette scolastiche.

Ci si soffermerà, dunque, sugli effetti che i provvedimenti governativi producono sull’obbligo di pagamento delle rette scolastiche, dei servizi di mensa, scuolabus, etc., durante tutto il periodo di sospensione, peraltro ancora vigente.
1. Sono necessarie, preliminarmente, alcune premesse in merito ai concetti di scuola pubblica, scuola paritaria e scuola privata, che possono ancora ingenerare confusione.
Il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie, private e degli enti locali.
Le scuole statali (le cosiddette scuole pubbliche), che comprendono l’asilo nido, la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo e secondo grado, sono gestite esclusivamente dallo Stato ed erogano un servizio pubblico, didattico-educativo-formativo, a titolo gratuito, in favore di chiunque ne faccia richiesta.

Le scuole paritarie, invece, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della Legge n. 62/2000, sono le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali che, a partire dalla scuola per l’infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell’istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da requisiti di qualità ed efficacia indicati dalla Legge sopra richiamata.

Il riconoscimento della parità garantisce l’equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti, le medesime modalità di svolgimento degli esami di Stato e, soprattutto, l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi lo stesso valore legale delle scuole statali.

Le scuole paritarie, dunque, possono essere gestite da un soggetto privato oppure da enti locali o da istituti religiosi ed offrono un servizio che viene generalmente erogato a titolo oneroso (salvo convenzioni o accordi particolari).

Le scuole private, invece, che hanno appunto natura esclusivamente privatistica, consentono agli iscritti che frequentano regolarmente di assolvere all’obbligo di istruzione, ma non possono rilasciare titoli di studio aventi valore legale né attestati intermedi o finali con valore di certificazione legale.

Pertanto, coloro che frequentano dette scuole devono sostenere un esame di idoneità al termine di ogni percorso scolastico o al fine di un trasferimento presso una scuola statale o paritaria. Le scuole private erogano i propri servizi a titolo oneroso.

All’interno di tutte le scuole, statali e non statali, possono essere erogati il servizio di mensa, normalmente prestato a titolo oneroso da società esterne, ed altri servizi accessori (laboratori, etc.), anch’essi a pagamento ove non rientranti nelle attività meramente curriculari.
2. Ferme le premesse di cui sopra, occorre ora verificare se, nonostante la chiusura degli istituti scolastici, sia comunque dovuto il pagamento della retta scolastica nelle scuole paritarie e private o dei servizi accessori eventualmente erogati, a titolo oneroso, in tutti gli istituti scolastici (mensa, laboratori, etc.) .

Preliminarmente occorre precisare che la decretazione d’urgenza assunta in relazione all’emergenza COVID-19 non contiene alcuna disposizione che possa regolamentare la problematica in discorso.

Ciò in ragione del fatto che, quanto alle scuole pubbliche, il servizio scolastico è reso a titolo gratuito, mentre in quelle private, paritarie o non paritarie, il servizio scolastico è reso sulla base di un rapporto contrattuale, con conseguente applicazione delle regole civilistiche e di quelle specificamente pattuite.

Pertanto, con riferimento alle scuole statali, che erogano il servizio scolastico ed educativo a titolo gratuito, non si pone alcun problema di pagamento delle rette scolastiche.

Sorgerà, eventualmente, la questione del pagamento dei servizi di mensa o di quelli accessori, per la quale dovranno essere applicate le considerazioni di cui in prosieguo, inerenti alle obbligazioni che afferiscono ai rapporti sorti con gli istituti scolastici non statali.

Il rapporto che viene in essere con gli istituti scolastici non statali ha natura privatistica, con correlata applicazione della disciplina codicistica in materia di contratti sinallagmatici a prestazioni corrispettive.

I provvedimenti normativi con i quali è stata disposta la chiusura delle scuole determinano, in capo all’istituto scolastico, l’impossibilità di erogare il servizio scolastico-educativo per causa ad esso non imputabile.

Si tratta dunque di capire quali sono gli effetti di tale impossibilità sopravvenuta della prestazione, soprattutto con riferimento alla debenza della controprestazione dovuta dall’iscritto, ovvero il pagamento della retta scolastica.

In proposito rilevano gli art. 1256 e 1463 del codice civile.

L’art. 1256 c.c., rubricato “Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea”, prevede che “Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, fino a che essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’inadempimento.

Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione, ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla”.

Semplificando, l’obbligazione si estingue quando è impossibile eseguirla, quando tale impossibilità sia successiva al momento in cui è nato il rapporto obbligatorio e quando risulti non imputabile al debitore.

L’art. 1463 c.c., rubricato impossibilità totale, dispone che “Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito”.

Applicando le sopra riportate disposizioni agli istituti scolastici non statali, può ritenersi che l’obbligazione cui sono tenuti, ovvero l’esercizio del servizio scolastico educativo, sia divenuta impossibile per causa ad essi non imputabile e, come tale, si estingua.

L’ulteriore conseguenza – disciplinata appunto dall’art. 1463 c.c. – è la automatica risoluzione del contratto, sebbene la controprestazione (il pagamento della retta scolastica o del servizio accessorio) risulti ancora possibile.

Il motivo della risoluzione va ricercato nel fatto che nei contratti a prestazioni corrispettive le diverse prestazioni sono legate tra loro dal sinallagma; il venir meno di una prestazione, quindi, libera l’altra parte dalla propria prestazione e tale risultato si ottiene, appunto, attraverso la risoluzione del contratto.

Accertata l’impossibilità sopravvenuta della prestazione, che dà luogo allo scioglimento del rapporto contrattuale, l’istituto scolastico non statale non potrà pretendere il pagamento della retta scolastica, con l’ulteriore conseguenza che, in capo all’istituto, sorge anche l’obbligo di restituzione di ciò che avesse già ricevuto, secondo le norme sulla ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.).

Analoghe considerazioni devono essere svolte con riferimento al servizio di mensa e a quelli accessori che venissero offerti all’interno di tutti gli istituti scolastici, statali e non, in riferimento ai quali, non essendo stati erogati, non è dovuto il pagamento di alcuna somma.

È importante però accertare, possibilmente con l’ausilio di un professionista, quale sia il contenuto del contratto concretamente stipulato dall’istituto scolastico non statale e l’iscritto, al fine di verificare l’eventuale presenza di clausole di diverso tenore rispetto alle più generali disposizioni codicistiche appena esaminate.
3. Occorre ora domandarsi se, e in quale misura, le considerazioni che precedono abbiano valenza nell’ipotesi in cui gli istituti scolastici predispongano la cosiddetta “didattica a distanza”.

Il DPCM dell’8 marzo 2020, nonché il DPCM del 10 aprile 2020, stabiliscono testualmente che “i dirigenti scolastici attivano, per tutta la durata della sospensione delle attività didattiche nelle scuole, modalità di didattica a distanza avuto anche riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità”.

Il MIUR, con nota n. 388 del 17 marzo 2020, con riferimento alla didattica a distanza ha chiarito che “Non si tratta […] di un adempimento formale, perché nulla di meramente formale può essere richiesto in un frangente come questo. Occorre ritornare, al di fuori della logica dell’adempimento e della quantificazione, alle coordinate essenziali dell’azione del sistema scolastico”.

Lo svolgimento della didattica a distanza all’interno delle scuole statali integra esclusivamente il fine suddetto, consentendo – con modalità alternative a quelle ordinarie – di portare a compimento l’anno scolastico e la formazione per esso prevista.

Diversa valenza assume, a parere di chi scrive, l’organizzazione della didattica a distanza negli istituti non statali nell’ambito dei quali, come già si è detto, il servizio scolastico viene erogato a titolo oneroso.

Invero, nell’ipotesi in cui un istituto scolastico non statale si adoperasse per offrire un adeguato servizio di didattica a distanza, potrebbe ritenersi validamente offerto il servizio scolastico-educativo, con conseguente perdurante validità del contratto intercorrente con l’iscritto e obbligatorietà del pagamento della retta scolastica. Più semplicemente, ricorrendo alla didattica a distanza, gli istituti scolastici non statali offrirebbero l’esecuzione della loro prestazione, con la conseguente possibilità di richiedere – legittimamente – il pagamento della retta scolastica.

Sono però doverose due precisazioni.

La prima: occorre chiarire cosa debba intendersi con il termine “didattica a distanza”. Il Ministero, con la sopra richiamata nota, ha stabilito che “Le attività di didattica a distanza, […], per essere tali, prevedono la costruzione ragionata e guidata del sapere attraverso un’interazione tra docenti e alunni.

Qualsiasi sia il mezzo attraverso cui la didattica si esercita, non cambiano il fine e i principi […]. Il collegamento diretto o indiretto, immediato o differito, attraverso videoconferenze, videolezioni, chat di gruppo; la trasmissione ragionata di materiali didattici, attraverso il caricamento degli stessi su piattaforme digitali e l’impiego dei registri di classe in tutte le loro funzioni di comunicazione e di supporto alla didattica, con successiva rielaborazione e discussione operata direttamente o indirettamente con il docente, l’interazione su sistemi e app interattive educative propriamente digitali: tutto ciò è didattica a distanza.

Il solo invio di materiali o la mera assegnazione di compiti, che non siano preceduti da una spiegazione relativa ai contenuti in argomento o che non prevedano un intervento successivo di chiarimento o restituzione da parte del docente, dovranno essere abbandonati, perché privi di elementi che possano sollecitare l’apprendimento.

La didattica a distanza prevede infatti uno o più momenti di relazione tra docente e discenti, attraverso i quali l’insegnante possa restituire agli alunni il senso di quanto da essi operato in autonomia, utile anche per accertare, in un processo di costante verifica e miglioramento, l’efficacia degli strumenti adottati, anche nel confronto con le modalità di fruizione degli strumenti e dei contenuti digitali – quindi di apprendimento – degli studenti, che già in queste settimane ha offerto soluzioni, aiuto, materiali.

È ovviamente da privilegiare, per quanto possibile, la modalità in “classe virtuale”. Conseguentemente, ove il servizio di didattica a distanza non rispettasse le caratteristiche di cui sopra, potrebbe dubitarsi dell’obbligatorietà del pagamento della retta scolastica. Sarà opportuno verificare, caso per caso, con l’ausilio di un professionista, l’effettiva obbligatorietà del pagamento del servizio alla luce delle modalità con cui è stato concretamente offerto.

La seconda precisazione attiene, invece, allo svolgimento della didattica a distanza nelle scuole dell’infanzia. Al riguardo il Ministero ha affermato che “Per la scuola dell’infanzia è opportuno sviluppare attività, per quanto possibile e in raccordo con le famiglie, costruite sul contatto “diretto” (se pure a distanza), tra docenti e bambini, anche solo mediante semplici messaggi vocali o video veicolati attraverso i docenti o i genitori rappresentanti di classe, ove non siano possibili altre modalità più efficaci.

L’obiettivo, in particolare per i più piccoli, è quello di privilegiare la dimensione ludica e l’attenzione per la cura educativa precedentemente stabilite nelle sezioni”.

In proposito valgono le considerazioni già espresse, che indurrebbero a ritenere dovuta la retta scolastica.

Ciò nondimeno dovrebbe effettuarsi una ulteriore distinzione tra la didattica a distanza, consistente nella pre – scoralizzazione (pre calcolo, pre scrittura e pre grafismo) che potrebbe essere validamente offerta in favore dei bambini di 4, 5 e 6 anni di età, rispetto a quelle attività, necessariamente di tipo ludico, che potrebbero esser proposte ai bambini di età inferiore e che, a parere della scrivente, non possono essere agevolmente sussunte nel concetto di “attività didattica a distanza” come delineata dal MIUR.

Anche con riguardo a tale aspetto è comunque opportuno verificare le caratteristiche della fattispecie concreta, sempre con l’aiuto di un professionista.
4. Focus riguardante esclusivamente il Comune di Cagliari.
– Comunicato del 24 aprile 2020: “In seguito alla sospensione dello Scuolabus dovuta all’emergenza Coronavirus, il Comune di Cagliari intende procedere al rimborso della retta pagata dagli utenti relativamente a quei mesi in cui non è stato possibile l’erogazione del servizio.

Pertanto, si procederà alla liquidazione di quanto dovuto in favore di coloro che hanno presentato domanda (non sono consentite deleghe) e che hanno effettuato il versamento per il servizio Scuolabus relativamente ai suddetti mesi”.

– Comunicato del 23 marzo 2020 il Comune di Cagliari ha stabilito che “A seguito del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 marzo 2020 che ha esteso a tutto il territorio nazionale le disposizioni relative alla sospensione dei servizi educativi per l’infanzia sino al 3 aprile (contenute nel DPCM 8 marzo 2020), per tutti gli utenti è disposta la sospensione del pagamento della retta degli asili nido (comunali, a gestione esternalizzata e convenzionati) relativa al mese di marzo 2020.

Per quanto attiene alla mensilità di aprile, seguirà nuova comunicazione sulla base di eventuali nuove disposizioni normative che dovessero essere approvate nei prossimi giorni. Agli utenti che invece hanno già corrisposto la mensilità di marzo 2020, le modalità di rimborso saranno indicate nei prossimi giorni”.

Si consiglia di verificare l’eventuale adozione di provvedimenti analoghi anche da parte di altri Comuni.

Avv. Stefania Lecca

Il presente documento ha valore puramente divulgativo e non costituisce parere professionale in merito agli argomenti trattati.
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