Le disposizioni del Decreto Liquidità in materia di capitale sociale, bilancio e finanziamento soci

Il Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23 (“Decreto Liquidità”) reca, al capo II, alcune misure finalizzate a sostenere le imprese ed a garantirne la continuità nell’attuale situazione di stallo produttivo ed economico derivante dalla pandemia da Covid-19.

Tali misure, che si caratterizzano per la loro natura temporanea e straordinaria, intervengono in modo diretto su alcuni istituti di diritto societario, in particolare con riferimento al capitale sociale, al bilancio ed ai finanziamenti dei soci.

La disciplina delle società è stata, peraltro, già incisa dal legislatore dell’emergenza attraverso alcune disposizioni contenute nel precedente Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 (“Decreto Cura Italia”), tra le quali ricordiamo:
(i) l’automatica proroga del termine per la convocazione dell’assemblea per l’approvazione del bilancio entro 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale, senza specifica motivazione (in deroga a quanto previsto dagli articoli 2364, secondo comma, e 2478-bis, cod. civ. o alle diverse disposizioni statutarie);
(ii) la previsione della possibilità di svolgere le assemblee in audio o video conferenza, anche in deroga a disposizioni di legge e di statuto.
Il più recente Decreto Liquidità è intervenuto tramite l’introduzione di ulteriori e penetranti deroghe alla disciplina ordinaria, analizzate qui di seguito.
1.1. Deroga alle disposizioni in materia di perdita del capitale sociale.
L’art. 6 del Decreto Liquidità prevede che nel periodo intercorrente tra il 9 aprile ed il 31 dicembre 2020 non trovano applicazione gli obblighi di riduzione e aumento del capitale sociale in caso di perdite (articoli 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482-bis, commi 6-8, e 2482-ter cod. civ.).
In particolare:
– se il capitale si riduce di oltre un terzo in conseguenza di perdite, l’organo amministrativo (ovvero, in difetto, l’organo di controllo) è sempre tenuto alla convocazione senza indugio dell’assemblea per deliberare gli opportuni provvedimenti e alla redazione della relazione sulla situazione patrimoniale; tuttavia, non sussiste l’obbligo di riduzione del capitale sociale se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo;
– se il capitale si riduce al di sotto del minimo legale (Euro 50.000 per le S.p.A.., Euro 10.000 per le S.r.l.), non sussiste l’obbligo di convocare senza indugio l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale e il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al minimo, ovvero la trasformazione della società. Non opererà, conseguentemente, la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale al di sotto del minimo legale (articoli 2484, n. 4, per le società di capitali, e 2545-duodecies per le società cooperative).
Si tratta di una misura volta, in modo evidente, a sterilizzare gli effetti della contrazione dei ricavi, con conseguente emersione di perdite di esercizio, cui andranno certamente incontro numerose imprese nel corso dell’anno.
La sterilizzazione delle perdite e l’inoperatività della causa di scioglimento per riduzione del capitale non porranno più gli amministratori dinnanzi alla necessità di mettere in liquidazione la società (qualora i soci non abbiano deliberato l’aumento del capitale necessario al ripianamento delle perdite ovvero la trasformazione della società), consentendo dunque di proseguire la gestione dell’impresa in continuità, senza esposizione degli stessi amministratori a responsabilità personali per la mancata prosecuzione dell’attività secondo criteri puramente conservativi (come è invece imposto, in via generale, dall’art. 2486 cod. civ.).
È tuttavia da rimarcare che:
(i) la disposizione, di forte impatto derogatorio, si applica solamente alle “fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data” (31 dicembre 2020);

(ii) la norma non determina, comunque, alcuna esenzione dai generali doveri previsti dalla legge a carico degli amministratori in presenza di situazioni di crisi della società.

A prescindere, dunque, dalla sospensione temporanea degli obblighi in tema di perdita del capitale sociale, gli amministratori dovranno sempre verificare in modo tempestivo se la società – anche in connessione con la crisi indotta dalla pandemia – versi o meno in una situazione di crisi o di insolvenza e, in caso affermativo, adottare un piano di azione ed avviare le opportune procedure di composizione della crisi o concorsuali previste dalla legge.

1.2. Valutazione della continuità aziendale nella redazione del bilancio.

L’art. 7 del Decreto Liquidità prevede che nella redazione del bilancio di esercizio per l’anno 2020 è consentito valutare le voci di bilancio nella prospettiva della continuità aziendale (art. 2423-bis, primo comma, n. 1, cod. civ.), se tale continuità risulta verificata nell’ultimo bilancio di esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020. Il criterio di valutazione utilizzato deve essere, in ogni caso, specificamente illustrato nella nota informativa, anche mediante il richiamo alle risultanze del bilancio precedente.

La disposizione in esame – che trova applicazione non solo ai bilanci relativi all’esercizio in corso ma altresì ai bilanci chiusi entro il 23 febbraio 2020 e non ancora approvati – si pone in linea con la misura di sterilizzazione delle perdite esaminata in precedenza ed è motivata anch’essa dalla necessità di esentare le società tenute alla redazione del bilancio dagli effetti che la crisi in atto può determinare sulla loro “tenuta contabile” e sulle prospettive di continuità aziendale, nel contempo consentendo di fornire una chiara rappresentazione della realtà mediante una riclassificazione con riferimento alla situazione fisiologica precedente all’insorgere dell’emergenza.
1.3. Finanziamenti dei soci.
L’art. 8 del Decreto Liquidità prevede che ai finanziamenti effettuati dai soci in favore della società nel periodo intercorrente tra il 9 aprile e il 31 dicembre 2020 non si applicano gli artt. 2467 e 2497-quinquies cod. civ.

Tali norme – volte a contrastare la sottocapitalizzazione tipica delle imprese italiane -stabiliscono, come noto, la regola della postergazione del rimborso dei finanziamenti infragruppo (ossia quelli concessi alle società da parte dei soci ovvero da parte di chi esercita attività di direzione e coordinamento) rispetto alla soddisfazione degli altri creditori.

In particolare, prevedono che nei casi di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto, ovvero nei casi in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento anziché un finanziamento, il rimborso dei finanziamenti (in qualsiasi forma) effettuati dai soci, ovvero da chi esercita attività di direzione e coordinamento nell’ambito di un gruppo, deve avvenire successivamente a quello degli altri creditori.

La misura introdotta ora dal Decreto Liquidità si prefigge invece di incentivare, nel particolare contesto emergenziale, il coinvolgimento di tali soggetti nel reperimento di risorse finanziarie utili alla continuità aziendale, senza che essi corrano il rischio che i propri apporti finanziari vengano considerati postergati.

Trattandosi di una norma eccezionale destinata a far fronte alle esigenze contingenti, l’applicazione è temporalmente limitata al 31 dicembre 2020.

Si ritiene, peraltro, che la sospensione temporanea della postergazione non possa comunque consentire automaticamente ai soci finanziatori di richiedere e ottenere la restituzione dell’importo indipendentemente da una complessiva valutazione delle condizioni economico/finanziarie della società (tale condotta potrebbe difatti assumere rilevanza sotto vari profili di responsabilità in caso di aggravamento della situazione finanziaria e conseguente sottoposizione a procedura concorsuale).
Avv. Andrea Mannoni
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