Estensione delle misure speciali in tema di ammortizzatori sociali per tutto il territorio nazionale

Quanto all’art. 22, DL citato, i presupposti per il riconoscimento del trattamento di integrazione salariale in deroga sono, nella sostanza, i medesimi poc’anzi richiamati: l’intervenuta sospensione, o la riduzione, dell’attività lavorativa in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Vi possono accedere i datori di lavoro per i quali non trovano applicazione le tutele previste dal citato D. Lgs. n. 148/2015, ma anche coloro – in un primo momento supposti esclusi – ai quali le tutele in questione si applicano attraverso i soli trattamenti straordinari, rappresentati dalle quattro causali di intervento CIGS: ci riferiamo, ad esempio, alle imprese industriali, ovvero a quelle esercenti attività commerciali (a condizione, queste ultime, di un’occupazione media di oltre 50 dipendenti nel semestre antecedente a quello di presentazione della domanda).

Ipotizzata esclusione, quella summenzionata, definitivamente superata con l’emanazione della Circolare Inps n. 47 del 28 marzo u.s, poiché, quantomeno, in contrasto con le finalità perseguite dal Governo attraverso la letterale “estensione delle misure speciali in tema di ammortizzatori sociali per tutto il territorio nazionale” – per voler trascrivere l’intestazione del Capo I del Titolo II del richiamato Decreto “Cura Italia” – tra le quali spiccano l’ampliamento dell’ambito di applicazione delle misure a sostegno del lavoro per tutti i settori produttivi (eccezion fatta per i datori di lavoro domestico) e la semplificazione delle procedure.

Chiarita la portata della realizzata estensione, può soffermarsi l’attenzione sulla procedura di informazione e consultazione sindacale, differentemente disciplinata a seconda dell’ammortizzatore sociale al quale si domanda l’accesso.

In particolare, per la cassa integrazione ordinaria e per il fondo di integrazione salariale, la procedura in questione è mutuata dall’art. 14 del citato D. Lgs. n. 148/2015 in tema di riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali.

Pertanto, per l’art. 19, c. 2, DL in commento, non vi è la necessità di raggiungere, con le RSA o la RSU ove esistenti, nonché con le articolazioni territoriali delle OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, un accordo sulla sospensione dei lavoratori, essendo, invece, sufficiente, la trasmissione della comunicazione preventiva (o informativa che dir si voglia), contenente le cause di sospensione o di riduzione dell’orario di lavoro, l’entità e la durata prevedibile, il numero dei lavoratori interessati. La sola novità è rappresentata dalle differenti tempistiche: la consultazione e l’esame congiunto, stanti le esigenze di celerità, devono essere svolti entro i tre giorni successivi a quello dell’invio della medesima comunicazione preventiva (o informativa) citata.

Differentemente, per la concessione della cassa integrazione in deroga, l’art. 22, c. 1, del richiamato DL “Cura Italia”, pretende il “previo accordo”, che può essere concluso con le OO.SS. – della cui rappresentatività già si è detto – anche in via telematica.

In effetti, tale discrepanza non può giustificarsi in nessun modo, se solo si considera che neppure l’art. 24 del più volte menzionato D. Lgs. n. 148/2015 prevede, per l’accesso al trattamento straordinario di integrazione salariale, la conclusione di un accordo sindacale, limitandosi alla consultazione successiva alla comunicazione della quale si è detto. Ed è forse questa, unitamente alla rilevata finalità di semplificazione della procedura innanzi posta in luce, la ragione per la quale, con la citata Circolare n. 47, l’Inps ha chiarito di intendere “esperito l’accordo di cui all’art. 22, c. 1, con la finalizzazione della procedura di informazione, consultazione ed esame congiunto di cui all’art. 19, c. 1” (il riferimento, come è ovvio, non può che essere al c. 2).

A siffatta previsione si è uniformato l’Avviso Pubblico emanato il 3 aprile u.s. dalla Regione Sardegna per la concessione del trattamento in questione. Invero, se nell’ambito dell’Accordo Quadro del precedente 26 marzo, il corredo istruttorio dell’istanza di concessione era qualificato come “obbligatorio” e riferito espressamente all’accordo sindacale (pur essendo ammessa la formalizzazione postuma, a condizione dell’invio nel rispetto del termine di 90 giorni dalla data di inizio della sospensione), il successivo, citato Avviso ha letteralmente trascritto, all’art. 2, che “La consultazione sindacale si considera esperita con l’accordo di cui all’art. 22, comma 1, a seguito della finalizzazione della procedura di informazione, consultazione ed esame congiunto di cui all’art. 19, c. 1”.

Superfluo rilevare, tuttavia, che le circolari amministrative rappresentano meri atti interni ad un pubblico ufficio, diretti agli organi che tale ufficio compongono ed ai loro dipendenti; le stesse, pertanto, vincolano solo i comportamenti degli organi operativi dell’ufficio, quali direttive impartite dal vertice dell’amministrazione che ha provveduto ad emanarle. Certamente, non costituendo fonte di diritto, non vincolano il lavoratore.

Superfluo, parimenti, è porre in luce che l’Avviso Pubblico in questione, sottoscritto dal Direttore del Servizio Politiche per l’Impresa, si pone in contrasto con l’Accordo Quadro che l’ha preceduto, il quale, intervenuto d’intesa con le OO.SS. dei lavoratori e le associazioni delle imprese, vincola tutte le parti sottoscrittrici.

Pertanto, se può affermarsi l’impossibilità, per l’Inps, di negare la concessione della cassa integrazione in deroga al datore di lavoro che abbia finalizzato la procedura di informazione, consultazione ed esame congiunto, ma non raggiunto l’accordo con le OO.SS., i citati Circolare ed Avviso non si rivelano idonei, per contro, ad elidere le prerogative delle OO.SS. istituite dal DL in argomento.

Con la conseguenza che la rappresentata incertezza potrebbe concretizzarsi, per i datori di lavoro che si vengano a trovare nella descritta condizione, nel rischio di vedersi tacciare di condotta antisindacale oppure – e con effetti ben più gravosi – di incorrere nell’impugnazione della sospensione in cassa integrazione da parte dei lavoratori interessati, con correlata pretesa, di questi ultimi, di ricevere le differenze economiche tra il trattamento salariale ricevuto ed il trattamento retributivo di competenza. Ed allora, sussistendo tale incertezza e nell’attesa di maggior chiarezza da parte della Legge di conversione del Decreto in argomento, non può che suggerirsi, caldamente, il perseguimento dell’accordo sindacale richiesto.

Avv. Roberta Serreli

Avv. Paolo Carta

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