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All’approssimarsi dell’avvio della c.d. “Fase 2” – finalizzata alla ripresa delle attività produttive ed imprenditoriali allo stato sospese per effetto delle disposizioni in materia di Covid-19 – il legislatore è intervenuto nell’ambito del cosiddetto Decreto Cura Italia, recentemente convertito in legge, mediante l’emanazione di una norma di interpretazione autentica insolitamente volta a riformare, seppur in via temporanea, la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato e del contratto di somministrazione a tempo determinato.
Tale intervento, fortemente caldeggiato dalle organizzazioni sindacali, si è reso necessario al fine di garantire una più ampia tutela dell’occupazione attraverso la prosecuzione dei rapporti a termine in essere, nonché l’inclusione nel novero degli aventi diritto al godimento agli ammortizzatori sociali di cui agli artt. 19 – 22 del D.L. 18/2020 di quei lavoratori che, sopraggiunta la naturale scadenza contrattuale, non avrebbero più usufruito delle misure assistenziali.
Ed invero, come noto, il D.lgs. 81 del 2015, vieta l’apposizione di un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato o di somministrazione – negando altresì eventuali proroghe o rinnovi – presso quelle unità produttive nelle quali sia operante una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, la quale interessi lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato stesso, nonché, sotto distinto profilo impone, in tema di rinnovo contrattuale, il rispetto del cosiddetto periodo di stop and go.
Pertanto, il legislatore, con l’intento di mitigare le rigidità delle disposizioni vigenti in materia di contratto a termine, ha introdotto l’art. 19 bis del D.L. 18/2020, il quale così dispone: “Considerata l’emergenza epidemiologica da COVID-.19, ai datori di lavoro che accedono agli ammortizzatori sociali di cui agli articoli da 19 a 22 del presente decreto, nei termini ivi indicati, è consentita la possibilità, in deroga alle previsioni di cui agli articoli 20, comma 1, lettera c), 21, comma 2, e 32, comma 1, lettera c), del D.L.vo n. 81/2015, di procedere nel medesimo periodo, al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione”.
Al fine di meglio comprendere la portata dell’intervento, occorre, tuttavia, operare un raffronto tra la normativa vigente in materia di lavoro a tempo determinato e la richiamata disciplina emergenziale recentemente emanata.
Preliminarmente, occorre rammentare che, ai sensi dell’art. 19 del D.lgs. 81/2015, al contratto di lavoro può essere apposto un termine di durata non superiore a 12 mesi, durata che può essere elevata fino ad un massimo di 24 mesi, ove siano presenti una delle seguenti condizioni: esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività; esigenze sostitutive di altri lavoratori; esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
Ai sensi degli articoli 20, comma 1, lett. c) e 32, comma 1, lett. c) del D.lgs. n. 81/2015 – disposizioni, come detto, espressamente derogate da parte dell’art. 19 bis – è fatto divieto rispettivamente, di apporre un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato e di stipulare contratti di somministrazione a tempo determinato presso le unità produttive in cui sono operanti sospensioni o riduzioni dell’orario in regime di Cassa Integrazione Guadagni che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto stesso.
La disciplina vigente in tema di rapporto a termine prevede altresì il rispetto della regola dello stop and go espressamente prevista dall’art. 21, comma 2, la quale prevede che il lavoratore non possa essere riassunto con la stessa tipologia contrattuale prima che siano trascorsi almeno 10 giorni, se il precedente contratto aveva una durata di massimo 6 mesi, o almeno 20 giorni, se il precedente contratto aveva una durata superiore a 6 mesi.
La recente misura emergenziale, introducendo, così come chiaramente si evince dal dettato letterale dell’art. 19 bis, una sospensione dei sopra descritti divieti, legittima la prosecuzione del rapporto mediante la proroga o il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione, presso unità produttive cui sia stato consentito l’accesso agli ammortizzatori sociali, in una delle diverse forme esistenti giustificate dalla causale Covid-19.
Tale riforma, volta ad assecondare le esigenze dettate dalla crisi sanitaria, consente, altresì, il rinnovo contrattuale anche in deroga all’obbligo di prevedere tra due contratti a tempo determinato un periodo di “inattività contrattuale” di cui dell’articolo 21, comma 2, del D.lgs n. 81/2015, tenendo indenne il datore di lavoro dalla conversione del contratto.
Tuttavia, ferme le citate deroghe, rimane invariato il vigente divieto inerente la stipula ex novo di un primo rapporto a tempo determinato nel periodo di fruibilità della cassa integrazione guadagni, ancorché contraddistinta dalla richiamata causale Covid – 19.
Da ultimo, giova evidenziare come il legislatore abbia inteso dare a tale provvedimento una portata temporalmente limitata.
Ed invero, le deroghe di cui sopra avranno efficacia retroattiva a far data dal 23 febbraio 2020 fino al 31 agosto 2020; ne consegue che i contratti a termine rinnovati o prorogati, prima dell’entrata in vigore dell’art. 19 bis, in violazione della disciplina ordinaria non incorreranno in alcuna conversione.
Soluzione, questa, coerente con lo sforzo legislativo di arginare il disastroso impatto dell’emergenza sanitaria in atto sull’economia e sull’occupazione del Paese.
Alla luce delle considerazioni fin qui esplicitate, emergono con evidenza le ragioni che hanno indotto il legislatore a operare un intervento legislativo di tale portata e, segnatamente, scongiurare la riduzione dell’occupazione e il conseguente incremento della spesa per le indennità di disoccupazione (Naspi), esito altrimenti inevitabile dell’inerzia legislativa.
Ed invero, è ragionevole ritenere che i datori di lavoro, dinanzi all’impossibilità di proseguire i rapporti di lavoro a termine in scadenza durante lo stato di emergenza, unitamente all’incertezza della ripresa economica che accompagnerà la Fase 2, sarebbero stati disincentivati dal proseguire i predetti rapporti a termine in essere, attendendo la naturale scadenza dei contratti medesimi.
In definitiva, il temporaneo “alleggerimento” della disciplina ordinaria in tema di lavoro a termine, attuato dall’art. 19 bis in commento, conduce a esiti positivi sotto un duplice aspetto: per un verso, avvantaggia il prestatore di lavoro, il quale può fruire degli ammortizzatori sociali e della conseguente proroga/rinnovo del rapporto di lavoro, per altro verso, favorisce il datore di lavoro, il quale potrà continuare a godere delle risorse sulle quali aveva già investito in termini di formazione.
Avv. Virginia Iengo
Avv. Ilaria Macciotta
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