Locazioni immobiliari e Coronavirus

Effetti della pandemia sugli obblighi del locatore e del conduttore.

L’articolo si propone di analizzare, sinteticamente, l’incidenza dei provvedimenti restrittivi, adottati per far fronte alla pandemia, sull’adempimento delle obbligazioni derivanti dai contratti di locazione ad uso abitativo e ad uso diverso (lato sensu commerciale).

Il lettore dev’essere tuttavia consapevole che le conclusioni che verranno assunte non possono in alcun modo sostituire l’opera del professionista nell’esame della concreta vicenda, la quale, in ragione della sua specificità (si pensi al caso in cui le parti abbiano espressamente regolamentato l’eventualità di determinate sopravvenienze), potrebbe condurre ad esiti assai differenti, anche in ragione di futuri mutamenti normativi ed arresti giurisprudenziali.

Ciò premesso, appare evidente che – per le locazioni immobiliari in essere – la parte contrattuale immediatamente pregiudicata dalla crisi generata dalla pandemia sia il conduttore, il quale potrebbe trovarsi in difficoltà nell’adempiere la sua prestazione (il pagamento del canone), specie nelle ipotesi in cui, in forza dei provvedimenti restrittivi adottati dall’amministrazione, non possa più utilizzare il bene locato come fonte di reddito (locazioni commerciali).

Il locatore, invece, parrebbe non incontrare alcuna difficoltà nel continuare ad adempiere formalmente ai suoi obblighi (certamente nelle locazioni abitative); non può tuttavia sottacersi come, da un punto di vista sostanziale, egli, non possa più garantire, in molti casi, la piena utilizzabilità del bene nelle locazioni ad uso diverso da quello abitativo.

Le uniche norme introdotte dalla recentissima decretazione d’urgenza ed espressamente dedicate alle locazioni sono:

  • l’art. 65 del Decreto Legge n. 18 del 17.03.2020 (c.d. Cura Italia), il quale prevede a favore del conduttore di immobile ad uso diverso da quello abitativo un credito d’imposta per l’anno 2020 pari al 60% del canone di locazione relativo al mese di marzo 2020, con riferimento agli immobili rientranti nella categoria catastale C/1 (botteghe e negozi);
  • l’art. 95 del decreto legge 17 marzo 2020 n. 18, il quale prevede una sospensione fino al 31.05.20 dal pagamento dei canoni di locazione e concessori relativi all’affidamento di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali, a favore delle federazioni sportive nazionali.

Il legislatore attuale non ha dunque previsto alcun diritto generalizzato alla sospensione o riduzione del canone, come invece avvenuto in passate situazioni emergenziali attraverso specifiche norme di certo non applicabili analogicamente in virtù dell’art. 14 delle Preleggi.

Eventuali soluzioni rimediali vanno pertanto ricercate negli istituti civilistici generali, nelle norme dedicate alle obbligazioni ed in quelle che regolamentano specificatamente la materia delle locazioni.

Tra tutte queste occorre poi distinguere – oltre a quelle applicabili alle sole locazioni commerciali – quelle che offrono la possibilità di prosecuzione del rapporto e quelle che invece ne determinano la definitiva cessazione. La scelta delle une o delle altre andrà adottata dalle parti anche in funzione del loro interesse preminente.

 

Rimedi che determinano la cessazione del rapporto:

 a) Recesso ex art. 27, comma 8, Legge n. 392 del 1978 (locazioni commerciali).

La norma legittima il recesso, con preavviso di sei mesi, qualora ricorrano gravi motivi oggettivi (estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili al momento della sottoscrizione del contratto, sopravvenuti), tali da rendere estremamente gravosa la prosecuzione del rapporto.

b) Eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 del codice civile (per tutti i tipi di locazione).

Nell’ipotesi in cui un evento, straordinario e imprevedibile, estraneo alla normale alea del contratto, renda l’esecuzione della prestazione non impossibile, ma più onerosa rispetto a quanto prevedibile prima del verificarsi dell’evento stesso, sarà possibile domandare giudizialmente la risoluzione del rapporto, salva la facoltà per l’altra parte di modificare equamente le condizioni.

Il fatto che l’onerosità debba colpire la prestazione nella sua oggettività (non nelle condizioni soggettive del debitore) o almeno essere determinata dallo svilimento della controprestazione attesa, rende il rimedio per lo più invocabile dal conduttore di un bene ad uso diverso da quello abitativo.

c) Risoluzione del contratto per il principio della presupposizione (locazioni commerciali).

Il conduttore potrebbe domandare di essere liberato dal vincolo contrattuale per il venir meno di un presupposto dello stesso, ovverosia l’utilizzabilità del bene a fini commerciali (trattasi di rimedio di creazione giurisprudenziale fondato sul principio di buona fede oggettiva e sulla causa concreta del contratto).

 

Rimedi che garantiscono la prosecuzione del rapporto:

a) Riduzione canone ex art. 1623 del codice civile.

La norma è astrattamente applicabile unicamente ai casi di affitto di cose produttive (fondi rustici, miniere, cave, aziende commerciali o industriali) e così dispone: “Se, in conseguenza di una disposizione di legge, di una norma corporativa o di un provvedimento dell’autorità riguardanti la gestione produttiva, il rapporto contrattuale risulta notevolmente modificato in modo che le parti ne risentano rispettivamente una perdita e un vantaggio, può essere richiesto un aumento o una diminuzione del fitto ovvero, secondo le circostanze, lo scioglimento del contratto”.

b) Impossibilità temporanea della prestazione ex art. 1256, comma 2, del codice civile (per tutti tipi di locazione).

L’impossibilità (oggettiva, non prevedibile, sopravvenuta ed inevitabile) della prestazione, potrebbe legittimare il conduttore a sospendere l’adempimento fino al termine di vigenza delle disposizioni restrittive, per poi pagare anche i canoni arretrati senza incorrere nella responsabilità da ritardo. Principio peraltro ribadito dall’art. 91 del Decreto Legge 17 marzo 2020 n. 18 che, con riferimento alla generalità degli obblighi contrattuali, ha introdotto il comma 6 bis dell’art. 3 del decreto legge 23.02.2020 n. 6, la cui infelice formulazione così dispone: “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.

Tuttavia, per le prestazioni pecuniarie la giurisprudenza è molto rigorosa nello stabilire che la mancanza di denaro non può essere, di per sé, causa di esonero da responsabilità: l’impossibilità della prestazione deve infatti consistere non in una mera difficoltà, ma in un impedimento obiettivo e assoluto, tale da non poter essere rimosso.

Non può escludersi, comunque, che in caso di protrazione della situazione emergenziale, si porrà il tema di poter considerare non “in colpa” anche i debitori pecuniari inadempienti.

c) Impossibilità parziale della prestazione ex art. 1464 del codice civile (locazione commerciale).

Nei rapporti di durata come quello in esame il carattere parziale dell’impossibilità può manifestarsi sul piano del tempo.

Potrebbe dunque ritenersi che l’obbligazione del locatore di bene commerciale sia definitivamente impossibile per un certo lasso di tempo, dato che, in ragione dell’attività economica esercitata dal conduttore, non verrebbe garantito il godimento del bene nella pienezza presupposta dal contratto.

Ne conseguirebbe la riduzione del corrispettivo del conduttore, salvo l’esercizio del diritto di recesso qualora non si abbia interesse all’adempimento parziale.

La fattispecie in parola differisce da quella esaminata in precedenza dell’impossibilità temporanea: per quest’ultima la prestazione potrà eseguirsi più tardi, ma integralmente.

d) Obbligo legale di rinegoziazione (locazione commerciale).

Secondo pregevole dottrina il principio di buona fede, quale fonte integratrice del contratto, genererebbe a carico delle parti un obbligo di rinegoziazione per adeguare il rapporto alle sopravvenienze.

Nel caso di inadempimento, la parte che non ottiene il contratto modificato potrebbe “audacemente” chiedere al giudice che lo costituisca con sentenza ex art. 2932 del codice civile. Il che non garantirebbe l’adempimento delle nuove condizioni ma consentirebbe quantomeno di commisurare su esse il danno risarcibile. Medesime problematiche si incontrerebbero, peraltro, anche nell’ipotesi in cui le parti avessero pattuito contrattualmente la clausola di rinegoziazione.

Conclusioni sulle locazioni immobiliari:

Le incertezze applicative sottese ai rimedi esaminati suggeriscono – specie ai conduttori di immobili ad uso abitativo, ancor più nei casi di locazione a canone c.d. concordato ex art. 2, comma 3, L. 431 del 1998 – di percorrere la via stragiudiziale dell’accordo tra le parti volto alla riduzione e/o dilazione del pagamento del canone (accordo soggetto a registrazione esente da bollo presso l’Agenzia dell’Entrate entro 30 giorni, termine attualmente sospeso). Ragionevoli spiragli di tutela giudiziale si profilano, difatti, per i soli conduttori di immobili ad uso commerciale.

Avv. Marco Pilloni

 

Il presente documento ha valore puramente divulgativo e non costituisce parere professionale in merito agli argomenti trattati.

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